Ciclo di seminari su Green Deal, Next Generation EU, PNNR

Presentazione a cura del Prof. Francesco Bilancia, Ordinario di Diritto Pubblico presso l’Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara e coordinatore scientifico, insieme con la Dott.ssa Marta Ferrara, del ciclo di conferenze.


Presso l’Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara, nell’ambito del Dipartimento di Scienze giuridiche e sociali, in collaborazione con il Corso di dottorato di ricerca in Business Institutions Markets e con il Dipartimento di Economia, ha preso avvio un Ciclo di Seminari in tema di Green Deal, Next Generation EU, PNRR

Gli incontri, condotti da studiosi di diverse discipline e con competenze scientifiche interdisciplinari, prendono avvio dall’inquadramento tematico mosso dalla crisi climatica e dal riscaldamento globale, per definire significato e valore dei paradigmi dello “Sviluppo sostenibile” e della c.d. Economia circolare, allo scopo di misurare l’impatto di questi obiettivi sull’evoluzione delle politiche pubbliche, compresi i concreti profili applicativi della “transizione ecologica”.

Seguendo il flusso degli argomenti dei numerosi seminari previsti, ci si renderà conto che, lungo le linee degli investimenti e lo sviluppo delle principali riforme imposte quali condizioni dell’intervento finanziario previsto, saranno oggetto di riflessione quasi tutti i complessi paradigmi teorici toccati dal recovery fund

A partire dall’impatto delle nuove “European policies” e delle nuove forme di intervento pubblico nell’economia sul regime della concorrenza. Da qui ci si muoverà lungo l’asse delle riforme della governance economica e degli assetti di governo nazionale, comprendente una visione di impatto sul sistema delle autonomie, sulle fonti del diritto e sull’organizzazione amministrativa. Per procedere con riflessioni in materia di proprietà industriale, processo civile, informatizzazione della pubblica amministrazione e semplificazione dei procedimenti. 

L’articolazione delle competenze coinvolte apre lo sguardo anche sui profili della comunicazione istituzionale e pubblica, sui temi dell’equità e della solidarietà sociale, della parità di genere, della giustizia tributaria, della digitalizzazione dell’economia e delle amministrazioni pubbliche, fino alla riforma delle procedure fallimentari in relazione alle crisi aziendali. 

La questione degli assetti istituzionali e del sistema delle relazioni sociali ed economiche a valle dell’emergenza pandemica – presente in tutti gli ambiti tematici richiamati – nella prospettiva di ipotizzare previsioni su cosa potrà condurre con sé l’auspicato “ritorno alla normalità”, aprirà infine la riflessione sull’intreccio dei mutamenti in atto nel contesto istituzionale con il dibattito relativo al “Futuro dell’Unione europea”. 

NdR: Qui di seguito pubblichiamo le singole locandine ed ogni informazione utile per seguire i seminari.

Le prime polpette avvelenate del PNRR. Verso la definitiva privatizzazione del servizio idrico?

di Stefano Civitarese Matteucci

Il 4 novembre 2021 il Consiglio dei Ministri ha approvato il Disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021 (ddl concorrenza). Come previsto da una legge del 1999, questo serve a “rimuovere gli ostacoli regolatori, di carattere normativo o amministrativo, all’apertura dei mercati, promuovere lo sviluppo della concorrenza e garantire la tutela dei consumatori”. Tra le numerose misure, l’art. 6 del disegno di legge prevede una “delega in materia di servizi pubblici locali”. Il Governo, vale a dire, chiede al Parlamento, che dovrà trasformare in legge il disegno di legge, di delegarlo a riordinare i servizi pubblici locali, anche tramite l’adozione di un apposito testo unico. Vengono elencati ben ventuno principi e criteri direttivi ai quali il futuro decreto legislativo/testo unico dovrà ispirarsi. Tra questi spiccano quelli di cui alla lettera f) dell’articolo 6, ove si stabilisce che gli enti locali debbano giustificare in modo “anticipato e qualificato” (sic) il mancato ricorso al mercato, ossia le ragioni per cui scelgano o confermino il “modello dell’autoproduzione”. In parole più semplici, se un comune o un gruppo di comuni vogliono continuare a fornire l’acqua potabile, smaltire i rifiuti, gestire i trasporti pubblici e l’igiene urbana attraverso proprie aziende (quelle che vengono chiamate società in house) dovranno darne conto all’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Dovranno, vale a dire, spiegare le ragioni che giustificano la gestione pubblica “sul piano economico e della qualità, degli investimenti e dei costi dei servizi per gli utenti … anche in relazione ai risultati conseguiti nelle pregresse gestioni in autoproduzione”. In termini ancora più espliciti, la regola diventerà quella della concessione ai privati dei servizi pubblici. La gestione pubblica sarà l’eccezione da motivare ‘qualificatamene’.

Vi è persino di più. Si intende anche revisionare la “disciplina dei regimi di proprietà e di gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni”. Frase quantomai ambigua, che diventa più chiara continuando a leggere che si prevederà la “cessione dei beni in caso di subentro, anche al fine di assicurare un’adeguata valorizzazione della proprietà pubblica, nonché un’adeguata tutela del gestore uscente”. Insomma, siamo alla politica di ‘valorizzazione’ del patrimonio pubblico dei primi anni Novanta del secolo scorso, la vendita dei gioielli di stato per fare cassa, che qualcuno, meno pudicamente, chiama la svendita dei beni pubblici. In pratica, si apre la strada, per esempio, alla privatizzazione degli acquedotti.

Quali sono le ragioni di questa scelta, che riguardo al servizio idrico è in contrasto sia con il referendum, che nel 2011 vide un successo schiacciante dei promotori dell’acqua come bene comune, sia con il disegno di legge Daga presentato alla Camera all’inizio della legislatura e sottoscritto da 205 deputati? Non ci eravamo lasciati alle spalle la stagione del neoliberismo e dello smantellamento dello stato? Non ci avevano insegnato il Covid e i fallimenti delle privatizzazioni (si pensi alle autostrade) che il settore pubblico è strategico e che gli interessi e i beni pubblici essenziali non devono essere ‘messi a profitto’?

Nessuno può negare che molte amministrazioni e aziende pubbliche non funzionano o che esistono fenomeni di clientelismo e corruzione (come se nel privato non ve ne fossero). Il punto, però, è che i fatti hanno mostrato che la soluzione non è certo quella di ricorrere al mercato per supplire ai ‘fallimenti dello stato’, la faccia nascosta dell’ambigua teoria dei market failures, secondo cui lo stato esisterebbe per rimediare ai problemi lasciati insoluti dal mercato. Come se il ‘mercato’ fosse una sorta di problem solver, un’entità metafisica, con fini suoi propri, cui di tanto in tanto va fatto un ‘tagliando’. E non invece un complesso fatto istituzionale operante in virtù di un insieme di regole sociali, giuridiche, pratiche conflittuali, eccetera. Se si vogliono far funzionare le istituzioni pubbliche, occorrono politiche, azioni e misure – e soldi – in luogo delle vacue riforme degli ultimi trent’anni, dettate dall’agenda della semplificazione e del “meno stato più mercato”.

Italia Domani, ossia il PNRR, enfatizza ripetutamente la necessità di “assicurare la costruzione di una capacità amministrativa stabile all’interno delle PA. Questa deve consentire non solo di realizzare in maniera efficace ed efficiente i progetti di riforma e di investimento previsti dal Piano, ma di fornire strutturalmente beni e servizi pubblici adeguati alle esigenze di cittadini e imprese” (p. 45). Basta scavare un poco, però, per scoprire che il PNRR è in piena continuità con le idee di semplificazione, snellimento, liberalizzazione, figlie dei ruggenti anni Novanta. Non è un caso, tornando all’oggetto di questo articolo, che le disposizioni sui servizi pubblici locali del ddl concorrenza siano tratte di sana pianta dal PNRR stesso. In una sezione intitolata “Concorrenza e valori sociali” leggiamo che “una parte importante del disegno di legge sarà diretta a promuovere dinamiche competitive finalizzate ad assicurare anche la protezione di diritti e interessi non economici dei cittadini, con particolare riguardo ai servizi pubblici, alla sanità e all’ambiente” (pag. 76). Curiosamente, però, per proteggere gli interessi ‘non economici’ dei cittadini si prescrive un “ricorso più responsabile da parte delle amministrazioni al meccanismo dell’in house providing”, cioè al meccanismo del servizio pubblico. E così, “andranno introdotte specifiche norme finalizzate a imporre all’amministrazione una motivazione anticipata e rafforzata che dia conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato”, eccetera, eccetera. A parte qualche vocabolo (“qualificata” ha preso il posto di “rafforzata” nel ddl concorrenza) le specifiche norme sono ora arrivate sugli scranni parlamentari.

Che farà il nutrito pacchetto di parlamentari firmatari della proposta di legge Daga? La proposta si ispira a “una gestione pubblica partecipativa e trasparente del bene comune costituito dall’acqua” (p. 3). Il suo art. 9 prevede che il “servizio idrico integrato è considerato servizio pubblico locale di interesse generale non destinato ad essere collocato sul mercato in regime di concorrenza” e che “la gestione del servizio idrico integrato è realizzata senza finalità lucrative, mediante modelli di gestione pubblica, e persegue finalità istituzionali e di carattere sociale e ambientale”. Basta che votino contro il disegno di legge governativo, si dirà, e Draghi se ne dovrà fare una ragione. Dopo tutto, salve le intoccabili regole sulla concorrenza del mercato interno (per i beni e i servizi che sono offerti dal mercato), nessuna legge europea impone agli stati di mettere sul mercato la somministrazione dell’acqua potabile.

Ma qui scatta un vero e proprio cortocircuito. La preferenza per la gestione privata dei servizi pubblici locali è una ‘riforma’ del PNRR e questo cambia le carte in tavola. Il governo italiano ha approvato il PNRR nell’aprile 2021, poi inviato alla Commissione Europea il 30 aprile 2021. Il Parlamento lo ha visto solo passare. I parlamentari ne discussero una bozza nel gennaio 2021, quella del governo Conte poi riformulata da Draghi, e si limitarono ad alcune generiche linee guida. Il PNRR, quindi, è formalmente una decisione del Consiglio dei Ministri privo di forza di legge. In linea di principio, il Parlamento non è vincolato a seguirne le direttive, che in molti casi consistono nell’approvare atti aventi forza di legge: 53, tra leggi, decreti-legge, decreti legislativi, da portare a termine tra il 2021 e il 2026. Qualunque studente del primo anno di giurisprudenza direbbe che è un nonsenso ipotizzare che il Parlamento sia obbligato ad approvare un disegno di legge elaborato in attuazione di un programma deciso dal Governo, salvo il meccanismo politico della fiducia.

Se, però, consideriamo il problema dal punto di vista dell’Unione Europea le cose cambiano. I piani di ripresa e resilienza sono i capisaldi di una complessa procedura prevista dal Regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2021 (regolamento RRF), attraverso cui gli Stati membri ricevono gli ingenti finanziamenti del Next Generation EU. Il fulcro di questa procedura è l’accordo tra la Commissione e ciascuno Stato membro beneficiario che suggella il sostegno finanziario dell’UE e sancisce l’obbligo degli Stati membri di realizzare tutti gli obiettivi e le misure previste dai piani. In breve, la natura di tali piani secondo il diritto nazionale (in Italia una decisione del Governo) è irrilevante per l’Unione. Se uno Stato membro desidera accedere (e mantenere nel tempo) i finanziamenti Next Generation UE deve obbligarsi a eseguire quanto contenuto nell’accordo firmato con la Commissione UE.

Secondo il Regolamento europeo i piani nazionali stabiliscono in primo luogo e principalmente un percorso di riforma. Come spiegato nel documento di lavoro della Commissione europea del 22 gennaio 2021, l’elemento principale su cui si impernia un piano di ripresa e resilienza è denominato “componente”: “Ogni componente dovrebbe riflettere le relative priorità di riforma e investimento in un settore o in settori, attività o temi correlati, mirando ad affrontare sfide specifiche, formando un pacchetto coerente”. In breve, investimenti, progetti e riforme sono inestricabilmente legati. Il rispetto di questo ‘pacchetto’, riforme legislative comprese, è monitorato e verificato dalla Commissione. Non attuare una delle riforme promesse nel piano, secondo i tempi indicati, mette in pericolo l’ottenimento dei fondi europei su cui ruota l’intera tenuta del Paese nei prossimi anni.

Il Parlamento sembra, dunque, in un cul de sac, messo nell’angolo dalla decisione presa dal Presidente del Consiglio di inserire nel PNRR la riforma mercatistica dei servizi pubblici locali. Si profila, allora, all’orizzonte una nuova campagna referendaria promossa dal movimento “Acqua bene comune”, quando le nuove disposizioni vedranno la luce? Anche questa, si perdoni la battuta scontata, rischierebbe di produrre un buco nell’acqua. Le nuove regole sui servizi pubblici locali potrebbero essere escluse dal referendum abrogativo se ritenute disposizioni indispensabili per evitare il concretizzarsi di una «responsabilità dello Stato italiano per inadempimento di uno specifico obbligo comunitario, con conseguente violazione dell’art. 75, secondo comma, Cost.» (Corte cost. sent. n. 45/2000).

Il problema qui discusso mostra che la democrazia è un po’ in affanno. A costo di essere tacciato per il solito petulante nostalgico del defunto stato-nazione e della moribonda democrazia rappresentativa, credo che congegni come il PNRR per imporre in modo verticistico decisioni che calpestano la volontà popolare su questioni fondamentali (come l’acqua bene comune) non facciano il bene del Progetto Europeo.

Il modo per uscire dal cul de sac sarebbe per la ‘politica’ di riappropriarsi delle sue prerogative e – invece di appiattirsi sull’Agenda Draghi – decidere se la prospettata riforma dei servizi pubblici locali sia o meno compatibile con la risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 28 luglio 2010 (GA/ 10967) che dichiara «il diritto all’acqua un diritto umano universale e fondamentale». L’accordo sul PNRR non è inciso nella roccia e non si può credere che un governo munito di un chiaro mandato parlamentare non abbia la possibilità di rinegoziare aspetti di dettaglio di un piano estremamente complesso. Possiamo, però, seriamente pensare che questo Parlamento abbia la forza e l’autorevolezza per assumersi questo compito?

Registrazione del Seminario telematico “Le riforme orizzontali previste dal PNRR”

E’ disponibile la registrazione del seminario telematico Le riforme orizzontali previste dal PNRR, organizzato da Orizzonti del Diritto Pubblico e tenutosi il 16 giugno 2021 sulla piattaforma Zoom.

Hanno partecipato: Luisa Torchia (Università Roma Tre); Margherita Ramajoli (Università degli Studi di Milano); Antonella Bianconi (Dirigente Università di Perugia, già segretaria generale ANAC); Stefano Civitarese Matteucci (Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara); Alessandra Pioggia (Università di Perugia); Gianluca Gardini (Università di Ferrara); Leonardo Ferrara (Università di Firenze).

Le riforme orizzontali previste dal PNRR

Il Webinar Le riforme orizzontali previste dal PNRR si terrà Mercoledì 16 giugno 2021 alle ore 16.30 e potrà essere seguito mediante le piattaforme Zoom e Facebook.

Per seguire i lavori senza registrazione, si invita a visitare la pagina Facebook di Orizzonti del Diritto Pubblico.

Per seguire l’evento su Zoom è richiesta la registrazione tramite la piattaforma Eventbrite.

Per informazioni e aggiornamenti si invita a visitare l‘evento Facebook della Conferenza.

Qui alcune riflessioni sulla riforma della Pubblica Amministrazione nel PNRR.

E’ disponibile sul blog di Orizzonti del Diritto Pubblico la registrazione del primo seminario telematico “La riforma della Pubblica Amministrazione nel prisma del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”.

Guida ragionata al dibattito in corso su riforme amministrative e Recovery fund

Il dibattito che sta ruotando attorno all’amministrazione pubblica e al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) dell’Italia mostra una notevole varietà di approcci e soluzioni.

L’intento di questa guida ragionata è di fornire al lettore e a coloro che vorranno partecipare al seminario telematico La riforma della Pubblica Amministrazione nel prisma del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che si terrà il 14 aprile su Zoom una prima e sintetica panoramica delle posizioni e dei temi che sono emersi nel dibattito italiano. Si tenga presente che tale panoramica tiene conto solo dei contributi che sono liberamente accessibili online e non ha nessuna pretese di completezza, considerando la grande quantità di contributi che sono emersi e che emergono continuamente sul tema, in particolare sui quotidiani nazionali.

Il dibattito italiano attorno al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) vede l’amministrazione pubblica coinvolta in due modi differenti: sia come soggetto che metterà concretamente in atto i vari progetti selezionati e inseriti all’interno del Piano, sia come oggetto di intervento di una parte delle riforme indicate all’interno del Piano, come richiesto peraltro dalla stessa Commissione europea.

Relativamente al primo aspetto i contributi si concentrano sulla c.d. governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza, cioè sull’individuazione delle strutture amministrative che si occuperanno dell’attuazione concreta dei vari progetti individuati nel PNRR e delle loro rispettive relazioni.

Il dibattito si è formato principalmente a partire dalla prima proposta di governance presentata dal governo Conte all’interno della bozza di dicembre del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza. In quell’occasione il governo proponeva una grande struttura “parallela” ai Ministeri, con poteri sia di coordinamento sia di gestione. Questa avrebbe avuto al vertice un Comitato Esecutivo, composto da Presidente del Consiglio, Ministro dell’Economia e Ministro dello Sviluppo Economico. Una proposta poi stralciata dalla bozza di Piano presentata lo scorso 12 gennaio al Parlamento (e attualmente in discussione al Senato) e sostituita dall’attuale governo con una proposta di governance centrata sul Ministero dell’Economia e delle Finanze e sugli uffici interni delle amministrazioni centrali.

Le soluzioni di governance alternative che sono emerse nei contributi che abbiamo raccolto sono molto differenti tra loro: si va da un governance a tre livelli (Rapporto Assonime) a una basata sulla costituzione di un ente pubblico nazionale ad hoc per la gestione delle risorse legate al Piano (Fondazione Ugo La Malfa), fino a proposte che valorizzano le strutture amministrative esistenti, da un lato, consigliando principalmente di individuare per tempo e con precisione le “filiere amministrative” già esistenti e di rafforzarle per la gestione del PNRR (Forum Disuguaglianze e Diversità e altre associazioni) e, dall’altro, consigliando di utilizzare accordi tra amministrazioni sul modello britannico centrati sulla valorizzazione del raggiungimento dei risultati (i c.d. public service agreement) (C. Cottarelli e G. Gottardo).

Al di là delle singole soluzioni, tutte le proposte mirano a superare la annosa debolezza delle amministrazioni nella individuazione, nella programmazione e nell’attuazione di progetti da concludere in un periodo di tempo determinato. La fragilità della capacità amministrativa del nostro sistema amministrativo, in particolare del momento della programmazione, viene posta al centro del dibattito e individuata come il problema di maggiore rilievo che la gestione del Piano nazionale deve affrontare. La notizia della consulenza relativa alla costruzione del Piano che il Ministero dell’economia e della finanza avrebbe richiesto alla società McKinsey ha ulteriormente posto l’accento su questo elemento problematico (per alcuni interrogativi sul perché si v. A. Cioffolilli su lavoce.info).

Il secondo aspetto riguarda direttamente le riforme amministrative che dovrebbero caratterizzare gli interventi sull’amministrazione pubblica.

Oltre alla bozza di Piano nazionale di Ripresa e Resilienza del 12 gennaio, il Ministro della Funzione pubblica e il Ministro della transizione digitale hanno presentato in audizione al Parlamento le prime linee programmatiche del loro mandato, prevalentemente riferibili alla costruzione del PNNR.

Le proposte in campo relative alla riforma delle amministrazioni pubbliche sono raggruppate in tre ambiti specifici: la trasformazione digitale del settore pubblico; il rafforzamento e la riqualificazione del capitale umano nella PA; la semplificazione amministrativa.

Su questi temi il dibattito è molto ampio e presenta una varietà di posizioni difficilmente riassumibili e che ci sembra più utile riportare sotto in forma di elenco. Dai contributi selezionati, però, emergono tre aspetti più generali che meritano di essere riferiti. In primo luogo, la grande opportunità che la quantità di risorse che saranno messe a disposizione dal Recovery Fund rappresenta per il rafforzamento del sistema amministrativo italiano. Una tale quantità di risorse non si vedeva da tempo nel settore pubblico. In secondo luogo, la necessità di arricchire di contenuti le linee programmatiche governative, le quali sembrano ancora molto generiche e insufficienti per comprendere la reale portata progettuale del PNRR sulle riforme amministrative. Infine, la necessità di considerare il Piano come un impegno programmatico che non solo riesca a sfruttare al meglio le risorse messe a disposizione oggi, ma che sia anche capace di fare da volano per progetti e riforme più stabili e ampie nel tempo.

Il dibattito sulle riforme amministrative e sul PNRR deve tenere presente, infine, anche il complesso processo di ratifica del Recovery Fund a livello europeo. Prima di poter dispiegare i suoi effetti il Next Generation EU (NGEU) deve essere ratificato da tutti i Parlamenti nazionali e, considerando la recentissima notizia dello sospensione temporanea della ratifica della legge di ratifica del NGEU da parte della Corte costituzionale tedesca in attesa di una sua pronuncia sulla costituzionalità della legge, sembra essere un percorso meno scontato del previsto.

Sulla governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e sulla capacità amministrativa

Ciffolilli A., Perché la Pa si affida alle consulenze esterne, 19 marzo 2021 in https://www.lavoce.info/archives/72956/perche-la-pa-si-affida-alle-consulenze-esterne/

Cottarelli C., Gottardo G., La governance del Recovery Plan. Cosa faranno gli altri paesi?, 17 febbraio 2021, in https://osservatoriocpi.unicatt.it/cpi-archivio-studi-e-analisi-la-governance-del-recovery-plan-cosa-faranno-gli-altri-paesi

Fondazione Ugo La Malfa, Next Generation EU. Proposta per il piano italiano, dicembre 2020 in http://www.assonime.it/Stampa/Documents/Next%20Generation_COMPLETO.pdf

Forum Disuguaglianze e Diversità, Movimenta, Forum PA, Proposta per una pubblica amministrazione rigenerata, dicembre 2020 in https://www.forumdisuguaglianzediversita.org/wp-content/uploads/2020/11/Proposta-PA_-versione-finale-25-nov-2020.x97376.x74988.x74988.x26243.pdf

Micossi S. et al., Quale assetto istituzionale per l’impiego dei fondi Next Generation EU, Rapporto Assonime, dicembre 2020 in https://www.bassanini.it/wp-content/uploads/2021/01/ca7ba57889c0d19b05ad1be14ee4230e.pdf

Sulle riforme amministrative nel Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)

Bassanini F. et al., Interventi di semplificazione e modernizzazione del sistema amministrativo per il rilancio dell’economia, Task  Force per  la  semplificazione  istituita dal Comitato di Presidenza di Assonime, 19maggio 2020, in https://www.bassanini.it/wp-content/uploads/2020/06/Rapporto-Assonime-Semplificazioni-17-giugno-2020.pdf

Carloni E., Quale idea di pubblica amministrazione tra emergenza e Piano di ripresa e resilienza: note critiche, in Astrid Rassegna, n. 1, 2021. in https://www.linkedin.com/posts/carloni-enrico-ba870517_carloni-quale-idea-di-pa-tra-emergenza-e-activity-6751892764415279104-BHMM

Cassese S., La buona burocrazia, 16 Marzo 2021, https://www.irpa.eu/la-buona-burocrazia/

Civitarese Matteucci S., La riforma della pubblica amministrazione nel quadro del “Recovery Fund”, in https://orizzontideldirittopub.com/2021/03/27/la-riforma-della-pubblica-amministrazione-nel-quadro-del-recovery-fund/

Cottarelli C., Gottardo G., Come gestire la Pubblica Amministrazione? I Public Service Agreement britannici, 11 febbraio 2021, in https://osservatoriocpi.unicatt.it/cpi-archivio-studi-e-analisi-come-gestire-la-pubblica-amministrazione-i-public-service-agreement

Documento del Consiglio Direttivo AIPDA sull’attuazione del Next Generation EU, Forum AIPDA Next generation EU, https://www.aipda.it/wp-content/uploads/2021/02/AIPDA_Next_Generation.pdf

Della Cananea G., Saper spendere: acquisire competenze, ripensare i controlli, in https://www.ilfoglio.it/economia/2021/03/10/news/saper-spendere-acquisire-competenze-ripensare-i-controlli-2002437/

Ferrara R., Intervento sul Documento AIPDA Next Generation EU, 4 marzo 2021, in Forum AIPDA Next generation EU, http://www.aipda.it/wp-content/uploads/2021/03/Intervento-Prof.-Rosario-Ferrara.pdf

Fracchia F., Goisis F., Occhiena M., Allena M., Pantalone P. e Vernile S., La transizione amministrativa, 12 marzo 2021, in Forum AIPDA Next generation EU, https://www.aipda.it/wp-content/uploads/2021/03/Fracchia-Goisis-Occhiena-Allena-Pantalone-Vernile-la-transizione-amministrativa-1.pdf

Merloni F. et al, Il PNRR e le riforme delle Pubbliche Amministrazioni. Dieci idee per progetti operativi, in https://orizzontideldirittopub.com/2021/03/04/il-pnrr-e-le-riforme-delle-pubbliche-amministrazioni-dieci-idee-per-progetti-operativi/

Munchau W., Get the popcorn out: Karlsruhe may rule on recovery fund, 23 marzo 2021, in https://www.eurointelligence.com/

Pantalone P., Fracchia F., Cintioli F., Attardi G., Allena M., Marzano F., Pirlo G., De Minico G., Limone D., Audizione presso la 1ª Commissione permanente del Senato della Repubblica – Proposta di “Piano nazionale di ripresa e resilienza”, 2 marzo 2021, in http://senato.it/leg/18/BGT/Schede/docnonleg/41806.htm

Pioggia A., I cultori del diritto amministrativo e la trasformazione della Pubblica Amministrazione, in https://orizzontideldirittopub.com/2021/03/05/i-cultori-del-diritto-amministrativo-e-la-trasformazione-della-pubblica-amministrazione/

Police A., Il “coraggio” di decidere, 3 marzo 2021, in Forum AIPDA Next generation EU, http://www.aipda.it/wp-content/uploads/2021/03/Intervento-Prof.-Police.pdf

Ponti B., I paradigmi macro-economici della UE alla prova della pandemia, in LaCostituzione.info, https://www.lacostituzione.info/index.php/2020/04/29/i-paradigmi-macro-economici-della-ue-alla-prova-della-pandemia/

Torchia L., L’amministrazione presa sul serio e l’attuazione del PNRR, in https://www.irpa.eu/lamministrazione-presa-sul-serio-e-lattuazione-del-pnrr/

Torchia L., Il vero valore del Recovery Plan (spoiler: non sono le risorse), 1 aprile 2021, in Forum AIPDA Next generation EU, https://www.aipda.it/wp-content/uploads/2021/04/Torchia_il-vero-valore-del-Recovery-Plan.pdf

Rossi G., Il culto del diritto amministrativo frena la ricostruzione della P.A.?, in https://ridiam.it/nuovi-temi-di-ricerca-2/

Visco V., Il culto del diritto amministrativo frena la ricostruzione della Pa, in https://www.nens.it/archivio/analisi/visco-il-culto-del-diritto-amministrativo-frena-la-ricostruzione-della-pa

La Redazione

La riforma della pubblica amministrazione nel quadro del “Recovery Fund”

di Stefano Civitarese Matteucci

Premessa

Il problema della “riforma” dell’amministrazione pubblica e del ruolo del diritto amministrativo non sono mai stati così presenti sui media come negli ultimi tempi. Non che si tratti di cosa nuova, poiché la questione della semplificazione amministrativa è ormai un punto fisso dell’agenda di tutti i governi almeno dalle riforme “Bassanini” dei tardi anni Novanta del secolo scorso.

Il motivo del riaccendersi del dibattito è che la riforma dell’amministrazione pubblica è inserita tra le “condizioni” prevista dal programma “Next Generation EU” (NGEU), che reca in dote per l’Italia circa 200 miliardi di investimenti.1

Il Presidente del Consiglio Mario Draghi nel discorso programmatico sul voto di fiducia al Senato ha affermato che la «fragilità del sistema delle pubbliche amministrazioni e dei servizi di interesse collettivo è … una realtà che deve essere rapidamente affrontata».

È, pertanto, assunto condiviso che la questione dell’amministrazione sia al centro del processo di “rilancio e resilienza”, dal momento che sono le strutture pubbliche che dovranno gestirne ogni aspetto anche quando non le riguardi direttamente.

Next Generation EU

Una sintesi della genesi e dei contenuti del NGEU si può reperire qui. NGEU è un programma che si situa all’interno del bilancio a lungo termine dell’Unione. Come si legge sul sito della Commissione, esso dà luogo al più ingente pacchetto di misure di stimolo mai finanziato dall’UE: “Per ricostruire l’Europa dopo la pandemia di COVID-19 verrà stanziato un totale di 1.800 miliardi di euro. L’obiettivo è un’Europa più ecologica, digitale e resiliente”.

Il Consiglio ha approvato il bilancio a lungo termine dell’UE per il periodo 2021-2027 il 17 dicembre 2020, dopo che il Parlamento europeo aveva approvato il regolamento sul quadro finanziario pluriennale il 16 dicembre.

Il Recovery Plan

Il “dispositivo” per la ripresa e resilienza – il piano di investimenti noto come Recovery Plan – si basa a sua volta su un accordo tra Parlamento europeo e Consiglio raggiunto il 18 dicembre 2020. Questo è il fulcro del NGEU e rende disponibili 672,5 miliardi di euro di prestiti e sovvenzioni per sostenere le “riforme e gli investimenti” effettuati dagli Stati membri.

Secondo quanto previsto nel Regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021, che formalmente istituisce il “dispositivo per la ripresa e la resilienza”, ciascun paese dovrà presentare il proprio Piano nazionale entro il 30 aprile 2021. In seguito, la Commissione dovrà valutare e approvare tali piani entro due mesi e il Consiglio, a sua volta, assumere la sua decisione definitiva entro un altro mese. I primi finanziamenti potranno quindi partire non prima di agosto 2021.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza

Lo schema di piano italiano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) è stato approvato dal Consiglio dei Ministri il 12 gennaio 2021. Secondo quanto dichiarato dal Ministro Franco in una memoria alle Commissioni congiunte 5a, 6a e 14a del Senato della Repubblica V, VI e XIV Camera dei deputati, tale «schema costituisce la base di discussione per il confronto con le Istituzioni coinvolte, in primis il Parlamento, ai fini dell’adozione definitiva del Piano». Al Ministero dell’Economia, guidato dall’ex direttore generale della Banca d’Italia Daniele Franco, è affidata la regia del PNRR.

Entro questo quadro, non sempre nel dibattito che si è avviato risulta chiaro in cosa consistano le condizioni poste dall’Unione Europea riguardo alle riforme. Prima di formulare, quindi, alcuni quesiti sull’orientamento e gli esiti di tali riforme, vediamo di illustrare brevemente questo aspetto. In altre parole, cosa ci chiede l’Europa.

Le raccomandazioni all’Italia per il Semestre Europeo

Il quadro generale offerto dai documenti europei presenta, come probabilmente è normale che sia, ampi margini di vaghezza. Nella più recente guida della Commissione, il Commission Staff Working Document Guidance to Member States Recovery and Resilience Plans del 22 febbraio 2021, si ribadisce che secondo il regolamento 241/21 sopra citato il punto centrale è il collegamento tra i piani nazionali e le specifiche raccomandazioni contenute nei due ultimi cicli semestrali. Gli stati sono invitati a fornire una dettagliata illustrazione di come le misure proposte affrontino tutte o parte di tali raccomandazioni in modo da risolvere o contribuire significativamente a risolvere i problemi a esse sottesi e giustificando ogni ordine di priorità. In particolare, occorre spiegare perché tali priorità siano considerate più significative nel determinare una potenziale crescita economica in modo sostenibile e inclusivo e come il piano costituisca una risposta adeguata e comprensiva alla situazione sociale ed economica del paese.

Vediamo, quindi, quali sono le raccomandazioni indirizzate all’Italia. Queste sono distinte in quattro gruppi:

  • 1.           attuare, in linea con la clausola di salvaguardia generale, tutte le misure necessarie per affrontare efficacemente la pandemia e sostenere l’economia e la successiva ripresa; quando le condizioni economiche lo consentano, perseguire politiche di bilancio volte a conseguire posizioni di bilancio a medio termine prudenti e ad assicurare la sostenibilità del debito, incrementando nel contempo gli investimentirafforzare la resilienza e la capacità del sistema sanitario per quanto riguarda gli operatori sanitari, i prodotti medici essenziali e le infrastrutture; migliorare il coordinamento tra autorità nazionali e regionali;
  • 2.           fornire redditi sostitutivi e un accesso al sistema di protezione sociale adeguati, in particolare per i lavoratori atipici; attenuare l’impatto della crisi sull’occupazione, anche mediante modalità di lavoro flessibili e sostegno attivo all’occupazione; rafforzare l’apprendimento a distanza e il miglioramento delle competenze, comprese quelle digitali;
  • 3.           garantire l’effettiva attuazione delle misure volte a fornire liquidità all’economia reale, in particolare alle piccole e medie imprese, alle imprese innovative e ai lavoratori autonomi, ed evitare ritardi nei pagamenti; anticipare i progetti di investimento pubblici maturi e promuovere gli investimenti privati per favorire la ripresa economica; concentrare gli investimenti sulla transizione verde e digitale, in particolare su una produzione e un uso puliti ed efficienti dell’energia, su ricerca e innovazione, sul trasporto pubblico sostenibile, sulla gestione dei rifiuti e delle risorse idriche e su un’infrastruttura digitale rafforzata per garantire la fornitura di servizi essenziali; 
  • 4.           migliorare l’efficienza del sistema giudiziario e il funzionamento della pubblica amministrazione.

Per meglio comprendere queste raccomandazioni occorre guardare alla parte motiva del documento del Consiglio sul Semestre Europeo del 20 maggio 2020.

Quanto al sistema sanitario, pur registrando la specializzazione e buona qualità media dei servizi offerti, si rimarca il problema della frammentazione della “governance” e dell’assenza di coordinamento tra autorità centrali e regionali nella risposta alla pandemia. Secondo la Commissione, oltre a migliorare i processi di governance e i piani di preparazione alle crisi, le politiche post Covid-19 dovrebbero puntare a colmare la carenza di investimenti pubblici nell’assistenza sanitaria. A fronte delle attuali proiezioni relative alla forza lavoro nel settore sanitario, dovrebbe essere data priorità all’elaborazione di politiche volte a rimuovere gli impedimenti alla formazione, all’assunzione e al mantenimento in servizio del personale sanitario.

Un secondo aspetto riguarda l’impatto della pandemia sul lavoro e le condizioni sociali, che ha esacerbato una situazione di elevato rischio di povertà o esclusione sociale, povertà lavorativa e disparità di reddito con notevoli differenze regionali. Pertanto, secondo la Commissione, gli ammortizzatori sociali dovrebbero essere rafforzati per garantire redditi sostitutivi adeguatiindipendentemente dallo status occupazionale dei lavoratori, in particolare di coloro che si trovano di fronte a carenze nell’accesso alla protezione sociale. Il rafforzamento del sostegno al reddito e del reddito sostitutivo viene ritenuto particolarmente pertinente per i lavoratori atipici e per le persone in situazioni di vulnerabilità. Così come si ritiene fondamentale la prestazione di servizi per l’inclusione sociale e nel mercato del lavoro. Si suggerisce inoltre di migliorare la diffusione del reddito di cittadinanza tra i gruppi vulnerabili e di affrontare il problema delle persone impiegate nell’economia sommersa, in particolare in settori come l’agricoltura, il settore alimentare e l’edilizia abitativa, 

In prospettiva la Commissione ritiene cruciale, per una ripresa sostenibile e inclusiva, l’integrazione nel mercato del lavoro delle donne e dei giovani inattivi. In proposito nel documento si menzionano le recenti misure volte a rafforzare i servizi pubblici per l’impiego e a integrarli meglio con i servizi sociali, l’apprendimento degli adulti e la formazione professionale, ma se ne dà un giudizio sostanzialmente negativo. In particolare, le misure volte a promuovere le pari opportunità e le politiche in materia di equilibrio tra vita professionale e vita privata, così come l’offerta a costi accessibili di servizi di educazione e cura della prima infanzia e servizi di assistenza a lungo termine, rimangono modeste e scarsamente integrate.

Un ulteriore aspetto critico riguarda le competenze digitali, in particolare degli adulti in età lavorativa, e l’apprendimento a distanza. In generale tutto il settore dell’istruzione viene considerato in grave ritardo. I dati, del resto, parlano da sé. A parte il solito problema degli squilibri regionali, il tasso di abbandono scolastico è ben al di sopra della media dell’Unione (13,5 % contro 10,3 % nel 2019), in particolare per gli studenti che non sono nati nell’Unione (33 %). Anche il tasso di istruzione terziaria rimane molto basso (27,6 % nel 2019). Nel documento si ritiene “preoccupante”, inoltre, il basso tasso di partecipazione degli adulti scarsamente qualificati alla formazione, data la diminuzione dei posti di lavoro che richiedono basse qualifiche.

Si raccomanda, inoltre, di rafforzare l’accesso ai finanziamenti per le imprese. Ai fini della ripresa si insiste comunque sulla necessità di investire nella digitalizzazione dell’economia nelle infrastrutture digitali. Nel documento si legge che «i bassi livelli di intensità digitale e di conoscenze digitali delle imprese in Italia, in particolare delle PMI e delle microimprese, hanno impedito alle stesse di offrire servizi di commercio elettronico, ricorrere al telelavoro e fornire e utilizzare strumenti digitali durante il confinamento».

Infine, vi è il “capitolo” sull’amministrazione pubblica. L’accento è posto sull’efficacia. Le tre politiche menzionate, a titolo esemplificativo, nelle quali inciderebbe negativamente l’inefficacia amministrativa sono l’erogazione delle prestazioni sociali, le misure a sostegno della liquidità, l’anticipazione degli investimenti. Tra le carenze individuate figurano la lunghezza delle procedure, tra cui quelle della giustizia civile, il basso livello di digitalizzazione e la scarsa capacità amministrativa. Si sottolinea come procedure e controlli debbano essere attuati rapidamente, in un contesto in cui vengono significativamente incrementate le risorse pubbliche a sostegno dell’attività economica. Anche in questo caso l’enfasi è soprattutto sul tema della digitalizzazione. Si sottolineano la modesta interazione online tra le autorità e la popolazione, la bassa percentuale di procedure amministrative gestite dalle regioni e dai comuni che possono essere avviate e portate a termine interamente in modo elettronico, la mancanza di interoperabilità dei servizi pubblici digitali.

Con riferimento alle esigenze delle imprese si fa riferimento al miglioramento e semplificazione delle normative settoriali e alla rimozione degli ostacoli alla concorrenza.

Vi è, da ultimo, un generico riferimento all’importanza della prevenzione e repressione della corruzione nel settore pubblico.

Il Programma Nazionale di Riforme

Tornando alle linee guida del 22 febbraio 2021, valevoli per tutti gli Stati membri, la Commissione precisa che il piano di “ripresa e resilienza” deve essere presentato come singolo documento in cui sia integrato il Programma Nazionale di Riforme. Il piano, in sostanza, è un insieme di riforme e investimenti raggruppati in componenti tra loro coerenti. Una componente, a sua volta, è un elemento costitutivo del piano. Ogni componente deve riflettere riforme e investimenti prioritari in una certa area di policy o in settori, attività e temi connessi, miranti ad affrontare obiettivi specifici e in modo da formare un pacchetto coerente di misure complementari e a supporto le une delle altre. Particolare attenzione deve essere prestata alla qualità della pubblica amministrazione, visto il ruolo chiave che questa giocherà nell’attuazione delle riforme e degli investimenti in tutte le aree di intervento.

Che cosa è, dunque, una riforma nell’ambito del piano? Viene definita tale un’azione o un processo di cambiamento e miglioramento con un impatto significativo e durevole sul funzionamento di un mercato, di una politica, di strutture o istituzioni amministrative. Una “riforma” è anche un avanzamento rispetto a rilevanti obiettivi di policy, quali crescita, lavoro, resilienza e “transizione gemella” (vale a dire la transizione verde e quella digitale).

Esempi di riforme che abbiano un impatto positivo su tali obiettivi vengono individuati in pensioni, mercato del lavoro, educazione e formazione professionale, politiche attive del lavoro e servizi pubblici all’impiegoefficacia dell’amministrazione, nonché in riforme per migliorare il contesto operativo delle imprese attraverso la semplificazione dei requisiti e degli adempimenti. Altre riforme vengono definite “organiche” e riferite ai settori verdi e digitali.

Uno sguardo d’insieme al meccanismo posto in essere consente di notare che la riforma della pubblica amministrazione è trattata sia come obiettivo in sé sia come strumento per perseguire politiche di scopo (sanità, reddito di cittadinanza, servizi all’impiego, pagamenti alle imprese). Il che sembra suggerire che questi due punti di vista debbano essere considerati congiuntamente. Paradossalmente questo sguardo comprensivo esige differenziazione di analisi e ricette. In altre parole, l’amministrazione che deve pagare tempestivamente le imprese o rilasciare rapidamente le autorizzazioni che limitano le attività economiche probabilmente non è la stessa che deve assicurare servizi socio-assistenziali a misura di persona o aiutare i giovani a trovare il primo impiego. E non è certamente la stessa che abbia il compito di attuare, per esempio, la decisione di investire su una nuova tecnologia farmaceutica finanziandone la ricerca e poi definendo le regole del mercato per la produzione, distribuzione e somministrazione del risultato di quella ricerca (Pioggia).

Come, cosa, quando riformare? Chi decide?

L’impressione che si trae dal quadro esposto è che non si vada più in là dell’enunciazione di temi e argomenti e di alcuni obiettivi molto generali, per di più tra loro apparentemente eterogenei. È, quindi, plausibile pensare che la partita del “programma nazionale di riforme” si giocherà attraverso una sorta di serrata negoziazione tra istituzioni europee e governi nazionali. Se la Commissione sembra avere, infatti, ampi margini discrezionali nella fase di valutazione, la parola finale spetta pur sempre al Consiglio e quindi al momento intergovernativo.

Con riferimento alla pubblica amministrazione, l’obiettivo è l’efficacia. Come raggiungerlo, a parte la generica menzione della semplificazione delle regole e della digitalizzazione, è tutto da stabilire. Il dibattito riaccesosi in Italia non a caso mostra una notevole varietà di approcci e soluzioni.

Una prima questione è se occorra una grande riforma (strutturale) o sia meglio limitarsi a intervenire chirurgicamente in funzione delle esigenze di attuazione del PNRR, in pratica della capacità di spendere il fiume di denaro in arrivo. Chi pone l’accento sulla seconda alternativa si concentra sul regime degli appalti pubblici, sui controlli preventivi da sfoltire, sull’autorità di gestione del PNRR.

Nel Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale siglato tra il Presidente del Consiglio, il Ministro per la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta e i sindacati confederali il 10 marzo 2021, si legge che non «non servono tanto nuove leggi, quanto la capacità di adattarsi a scenari estremamente mutevoli con flessibilità. Una flessibilità che riguarda tre variabili: lavoro (gestione delle risorse umane), organizzazione e tecnologia. Tutto ciò è possibile valorizzando le lavoratrici e i lavoratori della Pubblica Amministrazione». Il Patto individua la chiave di volta per il rilancio della Pubblica Amministrazione come “motore di sviluppo” nella contrattazione collettiva e integrativa (decentrata) come strumenti di valorizzazione, riqualificazione, aggiornamento, riorganizzazione, etc. del personale. In questo caso, quindi, si guarda all’insieme, non solo all’immediato, ma lo strumento non è quello della grande riforma per via legislativa. Ciò non toglie che il Patto possa essere considerato a buon diritto “un’azione o un processo di cambiamento e miglioramento” ai fini del Recovery Plan.

Un ulteriore approccio è quello di chi (Merloni e al.), in linea con gli obiettivi strategici contenuti nel Recovery Plan, ritiene necessario impiegare parte dei fondi per progetti di rafforzamento organizzativo delle amministrazioni pubbliche. Anche in questo caso l’obiettivo non è quello delle grandi riforme legislative, pur indicando alcuni necessari interventi sulla legislazione. Anzi, il punto di partenza è proprio la critica alle riforme amministrative come confinate alla semplificazione/riduzione normativa e delle procedure. 

Il quadro delle proposte e i diversi livelli del dibattito non possono essere ulteriormente riassunti in questa sede. Mi limito a richiamare la recente “invettiva” di Vincenzo Visco contro i “cultori del diritto amministrativo”. Secondo questa prospettiva, che muove dalla necessità di estirpare in radice la cultura “uniformante” del diritto amministrativo, la «pubblica amministrazione italiana andrebbe ricostruita dalle fondamenta. Qualsiasi attività amministrativa per funzionare dovrebbe disporre di gradi rilevanti di autonomia nella organizzazione interna, nella gestione del personale, nelle procedure da seguire …».

Non è detto che tale “programma” sia da intendere nell’ottica del motto, il mantra dell’ultimo trentennio, “meno amministrazione” più libertà e mercato. Lo si può anche intendere in questo senso naturalmente, che è quello delle tante leggi di liberalizzazione, aziendalizzazione, privatizzazione, etc. Lo si potrebbe intendere, invece, come responsabilizzazione dell’amministrazione al servizio della società. Una questione interessante al riguardo è quale modello di amministrazione – se uno – emerge dal pacchetto NGEU e dalle “raccomandazioni”. Non sembra che il linguaggio, la cifra culturale complessiva, sia ancora quella del New Public Management.

Sembra esservi spazio per ragionare, invece, attorno all’idea che l’azione di governo, la decisione delle politiche, e il suo aspetto operativo, l’amministrazione, siano creatori di valore e non semplicemente attori che intervengono per “guarire” i fallimenti del mercato. Questa è l’ottica indicata da Mariana Mazzucato nella sua idea dell’amministrazione per missioni, rifinita nel tempo a partire dalla demolizione del mito che solo “il privato” crea innovazione e valore.

Le condizioni/riforme/componenti del PNRR riguardano, del resto, obiettivi per i quali il funzionamento dell’amministrazione (e quindi la sua riforma) sono funzionali a politiche sociali e ambientali specificamente raccomandate. Si pensi alle “raccomandazioni” sopra riferite sul rafforzamento del sostegno al reddito e del reddito sostitutivo o alla prestazione di servizi per l’inclusione sociale e nel mercato del lavoro.

Tutto questo, in conclusione, riconduce alla domanda sul tipo di “condizionalità” posta dal Recovery Fund. In altri termini, se il riferimento nel dibattito a questo termine – che richiama la diversa stagione della risposta alla crisi finanziaria del 2008 e all’austerity come condizione agli aiuti– sia oggi appropriato. Fermo restando, al riguardo, il problema dei margini ampi di discrezionalità/negoziazione che potrebbero determinare “condizionamenti” non scritti. Una interpretazione maliziosa potrebbe anche portare a ritenere che la vaghezza del quadro normativo celi proprio la volontà delle istituzioni europee di dettare le regole in corsa in modo più libero da vincoli predeterminati.

1 Questo articolo rappresenta una ideale introduzione all’incontro-dibattito su La riforma della Pubblica Amministrazione nel prisma del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che si svolgerà il 14 aprile 2021 alle 16.