Il giorno 5 dicembre 2022, alle ore 16.30, presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Perugia, Aula 1 di Via Pascoli, si terrà il convegno “Il futuro del regionalismo, tra autonomia differenziata e ‘deriva’ amministrativa”.
Il convegno verrà altresì trasmesso sulla piattaforma Microsoft Teams.
(1) L’allarme lanciato dal Presidente dell’Anac, a partire da previsioni del PNRR e del successivo decreto 9 giugno 2021, n. 80 (Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l’efficienza della giustizia), sollecita una riflessione sullo “stato” dell’anticorruzione e induce a rivolgere particolare attenzione a questo passaggio critico nell’evoluzione del sistema di anticorruzione costruito a partire dalla legge n. 190 del 2012.
Nel momento in cui la prevenzione della corruzione è vista dal nuovo Presidente degli Stati Uniti come sfida decisiva per le democrazie (“preventing and countering corruption and demonstrating the advantages of transparent and accountable governance, we can secure a critical advantage for the United States and other democracies” recita il documento del 3 giugno, dal titolo eloquente “Memorandum on Establishing the Fight Against Corruption as a Core United States National Security Interest”), e a livello globale il tema dell’anticorruzione è rilanciato con forza nella Sessione speciale sulla Corruzione, organizzata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, tenutasi a New York dal 2 al 4 giugno, lo scenario nazionale presenta chiaroscuri, con una foschia che si addensa intorno al PNRR che è bene diradare.
Per quanto la cornice europea nel quale si è inserito il piano italiano sembrasse condurre verso un rafforzamento dell’anticorruzione e della trasparenza nel quadro del Next generation EU, ed anche molte aspettative nei confronti del nuovo Governo andassero in questa direzione, la strategia italiana delineata attraverso il PNRR ed i provvedimenti di accompagnamento, tra i quali in particolare il decreto legge recante misure per il rafforzamento della capacità amministrativa, tradiscono infatti un approccio per più aspetti problematico su questo fronte. Due indizi non fanno una prova, ma giustificano un interrogativo: il Governo italiano vuole davvero fare, riprendendo le parole dell’attuale Presidente dell’Autorità anticorruzione, “preoccupanti passi indietro sull’anticorruzione”?
Certo l’assommarsi di crisi, quella pandemica ancora non alle spalle, quella economica in corso, quella finanziaria sullo sfondo, non aiuta il sistema italiano, di suo già solo episodicamente propenso a rafforzare la trasparenza e il controllo diffuso da parte dei cittadini.
Se il dubbio è che l’anticorruzione sia in “crisi”, vanno seguite le tracce di questa crisi, che ha forse radici più risalenti ed evidenti manifestazione nella stagione dell’emergenza pandemica, ma emerge con chiari segnali proprio all’incrocio tra il Piano di ripresa e resilienza ed i primi provvedimenti di riforma volti ad “efficientare” la macchina pubblica in vista della sua attuazione.
(2) Un primo segnale in questo senso è stata forse la stessa procedura di approvazione del PNRR, peraltro a valle di una stagione (di nuovo, forse inevitabilmente) opaca nell’emergenza pandemica. Molte associazioni hanno lamentato lo scarso coinvolgimento, questo in contrasto con la procedura suggerita dal livello europeo. Il testo sul quale c’è stato un dibattito parlamentare è stato presentato dal Governo Conte II, ma alla Commissione è stato recapitato un documento diverso, definito dal nuovo Governo Draghi, peraltro oggetto di cambiamenti sostanziali sul filo di lana che hanno spostato alcune poste rispetto al testo approvato dal Consiglio dei Ministri. Il documento è stato in ogni caso conoscibile solo ex post, dopo la sua consegna alla sede europea: il che può forse essere compatibile con la trasparenza dell’atto non lo è con la trasparenza del percorso, e certo non con la partecipazione. Qui l’attenuante è indubbia, ed è di tipo politico, legata alla crisi di governo intervenuta proprio nella fase, di suo già dai tempi ristretti, di approvazione del Piano.
Un indizio più consistente è però esplicitato nello stesso Piano nazionale di ripresa e resilienza, nel quale, testualmente, si propone una strategia che ricorda alcuni rimedi per la cura dei mali: non la terapia mediante i contrari, come raccomandava Ippocrate, ma omeopaticamente con i simili, “similia similibus curantur”. Solo che qui l’operazione è per sottrazione: c’è poca trasparenza? Rafforziamo l’opacità. Abbiamo un problema di corruzione? Riduciamo l’anticorruzione. Il lettore che ne avrà voglia, potrà leggere, spero senza sentire troppo il peso del paradosso, il paragrafo titolato “Abrogazione e revisione di norme che alimentano la corruzione” (pagina 71 del PNRR trasmesso all’Unione). Quali queste norme? Quelle sui controlli pubblici, quelle sulla trasparenza, quelle sull’anticorruzione. “È il caso delle disposizioni sulla trasparenza che prevedono – tra l’altro – obblighi di pubblicazione di numerosi atti […]. È il caso, inoltre, delle norme che contemplano ben tre tipi di accesso ai documenti e alle informazioni amministrative”. In un paese così opaco e denso di norme, alcune delle quali davvero criminogene, colpisce questa individuazione del nemico interno nella stessa anticorruzione, nella stessa trasparenza. Né convince la soluzione prospettata sul fronte della trasparenza, di riduzione dello stock di informazioni disponibili e di concentrazione dei dati in un portale unitario gestito dall’ANAC: se l’idea è semplificare la vita delle amministrazioni, non convince molto la sostituzione di un meccanismo ormai rodato (la pubblicazione nel proprio sito istituzionale) con uno tutto da costruire; e, mentre convince ancora meno l’idea di assicurare più trasparenza con meno trasparenza, pare contraddittorio concentrare in un’unica sede le informazioni di circa dodicimila soggetti tenuti agli obblighi di pubblicazione e così voler proteggere il cittadino dall’opacità per confusione di cui soffrirebbe nell’accedere al sito della sua amministrazione. Il tutto tacendo, per dovere di brevità, della riduzione dei tre tipi di accesso ad uno, questione da manovrare con particolare cura visti i possibili effetti collaterali opacizzanti.
Un nuovo indizio, che ha scosso appunto anche l’attuale vertice dell’Autorità anticorruzione, è anticipato dallo stesso PNRR che annuncia l’intenzione di presentare al Parlamento le linee di semplificazione dell’anticorruzione entro giugno, sulla base di un progetto già elaborato da una commissione operante presso Funzione pubblica: per quanto il PNRR preannunciasse un disegno di legge, la scelta del Governo sembra ancora più decisa e si manifesta ora attraverso una disposizione contenuta nel decreto legge sul rafforzamento amministrativo, citato in apertura, che all’art. 6 pone le premesse di un delitto perfetto in tre mosse. La prima, istituire un nuovo “Piano integrato di attività e organizzazione”, con il quale tra l’altro le amministrazioni dovrebbero annualmente rendere conto delle performance, del reclutamento, delle politiche di parità di genere, dell’accessibilità e, non ultimo, de “gli strumenti e le fasi per giungere alla piena trasparenza dell’attività e dell’organizzazione amministrativa nonché per raggiungere gli obiettivi in materia di anticorruzione”. La seconda: il piano, cui sono tenute tutte le amministrazioni con più di 50 dipendenti, è pubblicato sul sito ed inviato al Dipartimento per la funzione pubblica, col che la competenza su questo “piano-anche-anticorruzione” passa da un’autorità indipendente al Governo stesso; val la pena di ricordare, al riguardo, che la Convenzione ONU contro la corruzione, che vincola l’Italia, prevede che agli organismi deputati alla prevenzione della corruzione sia assicurata “l’indipendenza necessaria a permettere loro di esercitare efficacemente le loro funzioni al riparo da ogni indebita influenza”. La terza: con decreti di delegificazione, entro sessanta giorni, il Governo è chiamato ad “individuare e abrogare” gli adempimenti assorbiti nel “Piano integrato”.
(3) Una combinazione che tradisce l’intenzione di ridimensionare il Piano di prevenzione della corruzione e abolire poteri in materia dell’Anac? Il dubbio è parso più che legittimo, guardando al tenore della norma e alle intenzioni esplicitate dal PNRR, per quanto ora fugato dalle dichiarazioni che hanno accompagnato l’approvazione definitiva del testo.
Smontare la legge anticorruzione attraverso una delegificazione fatta con decreto legge pareva in effetti davvero troppo.
Ma a seguire questi indizi, riflettendo non ultimo sul destino che sta vivendo l’altro pilastro del sistema affidato all’Anac, il regime dei contratti pubblici, viene da pensare che davvero, decantando le magnifiche sorti e progressive della semplificazione, il Governo voglia rivedere in profondità l’impianto dell’anticorruzione, con una evidente perdita di centralità della sua Autorità.
Questo anche sostituendo un modello che faceva perno su elementi “esterni” (un’autorità indipendente, il controllo diffuso dei cittadini), con un modello centrato su controlli interni al sistema amministrativo: dall’anticorruzione-trasparenza all’audit-compliance, in un disegno più centralistico e meno “aperto”. Va esplicitamente in questa direzione, d’altra parte, il PNRR, che nel costruire la “governance” del Piano individua una struttura di controllo interno, riconducibile alla Ragioneria generale, orientata “alla prevenzione, individuazione e contrasto di gravi irregolarità quali frodi, casi di corruzione e conflitti di interessi nonché a scongiurare potenziali casi di doppio finanziamento”.
Ma anticorruzione e trasparenza sono, e sono stati in questi anni, ben più che un sistema di controlli interni e di protezione dalle frodi: l’anticorruzione ha rafforzato la trasparenza intesa come “controllo diffuso” dei cittadini, ma anche come “partecipazione al dibattito pubblico”, l’integrità e l’imparzialità dei funzionari, l’accountability, l’etica pubblica. E affidare questi compiti ad un’Autorità indipendente ha significato non solo proteggere questa funzione, come è stato a lungo possibile anche grazie all’autorevolezza dei suoi componenti, ma anche consentirne quell’efficacia che in un sistema con forti autonomie territoriali non poteva essere garantita dal centro statale. L’autorevolezza dell’Autorità ha, non ultimo, negli anni che abbiamo alle spalle in questo decennio che ci separa dalla legge 190, permesso lo sviluppo di un discorso pubblico sulla corruzione dai tratti più maturi, il consolidarsi di una cultura dell’anticorruzione.
Il che non significa, che il sistema vada considerato immutabile, o il migliore dei mondi possibili. Ne vanno certo ribadite le virtù, basti pensare che dall’introduzione della legge anticorruzione l’Italia ha recuperato numerose posizioni nelle classifiche di corruzione: era 72° nel 2012, 51° nel 2019. Senza tacere i segnali di perdita di slancio, dimostrato dal fatto che proprio nell’ultimo anno questa tendenza al miglioramento si è interrotta, con la perdita di due posizioni.
Proprio perché è condivisibile l’affermazione del Presidente dell’Anac (“dalla credibilità della legislazione anticorruzione e dell’assetto istituzionale che presidia le regole in materia dipende la credibilità del Paese agli occhi degli investitori istituzionali”), spetta al Parlamento ed al Governo, nel quadro delle strategie di riforma, operare per rafforzare, se del caso anche con soluzioni di semplificazione, il sistema dell’anticorruzione e la sua autorità, favorendo il superamento di momenti di crisi e di fragilità. Sgombrando il campo da una serie di ombre che hanno accompagnato le stagioni più recenti e si sono addensate con queste ultime vicende.
di Francesco Merloni, Enrico Carloni, Matteo Falcone, Alessandra Pioggia, Benedetto Ponti
Università di Perugia
Premessa
1. Il PNRR è l’occasione irripetibile per porre mano al rafforzamento del sistema delle pubbliche amministrazioni che negli ultimi tre decenni hanno subito un grave processo di impoverimento, soprattutto quanto alla disponibilità di adeguate risorse di personale, conoscitive e tecniche.
2. Investire immediatamente sulla rinnovata qualità delle pubbliche amministrazioni significa anche chiudere la fase della ricerca di soluzioni emergenziali e di deroga alla normativa vigente, per inseguire incerti e illusori obiettivi di semplificazione.
3. Le riforme amministrative che hanno seguito la via della semplificazione/riduzione normativa o della semplificazione della sola attività amministrativa, pur necessarie, si sono rivelate insufficienti. Occorre creare le condizioni organizzative di un migliore funzionamento delle amministrazioni pubbliche. Se il funzionario responsabile dell’istruttoria in un procedimento amministrativo non dispone di conoscenze aggiornate e del supporto di competenze tecniche di qualità, ridurre i suoi adempimenti “burocratici” serve solo a ridurre la qualità del risultato dell’azione amministrativa.
Si tenta qui di indicare alcuni progetti di rafforzamento organizzativo delle amministrazioni, che possono essere resi operativi, da finanziare con i fondi del PNRR.
4. I progetti si basano su investimenti mirati per il rafforzamento di alcune parti strategiche del sistema amministrativo e per la costruzione condivisa (tra livelli di governo) delle necessarie riforme organizzative. La spesa, da quantificare, da far gravare sui fondi del PNRR, in coerenza con le caratteristiche generali del Fondo, copre in gran parte la costituzione di task force per l’attivazione dei progetti e l’avvio di politiche di rafforzamento a regime del sistema. La spesa, quindi, riguarda investimenti a carattere temporaneo, che però creano i presupposti per investimenti di trasformazione organizzativa a regime. Il problema della spesa non riguarda tanto la sua entità, in generale piuttosto modesta salvo le proposte relative al reclutamento di personale, ma la sua destinazione alla costruzione condivisa, in leale collaborazione tra livelli di governo, di ipotesi di rafforzamento delle capacità operative delle diverse parti del sistema amministrativo italiano.
5. Fondamentale una politica accelerata di reclutamento nazionale di un numero ristretto di personale tecnico altamente qualificato, da assegnare non a pioggia ma a parti strategiche del sistema amministrativo, quelle nelle quali è più sentita l’esigenza di rafforzamento delle funzioni conoscitive e tecniche, anche per consolidare le capacità di interlocuzione delle amministrazioni con i soggetti privati interessati a partecipare a politiche pubbliche.
6. In generale i progetti presuppongono l’attivazione, in forme operative, della leale collaborazione tra i diversi livelli di governo, Stato, Regioni ed enti locali. Ciascun progetto dovrà prevedere un apposito ufficio interistituzionale temporaneo, composto da funzionari provenienti dai tre livelli di governo (statale, regionale, locale), eventualmente integrati da esperti esterni (non in situazione di conflitto di interessi), per la gestione delle attività, il trasferimento dei fondi e il monitoraggio dei risultati via via raggiunti.
7. Per l’attuazione dei progetti si dovrà limitare allo stretto necessario la parte normativa (primaria e secondaria) di modifica della disciplina vigente. La gran parte deve essere realizzata attraverso l’attività delle amministrazioni individuate nei singoli progetti e destinatarie di compiti precisi, eventualmente preceduta da accordi di programma tra amministrazioni (da concludersi in sede nazionale (Conferenze) e regionale (Conferenze regionali).
8. Per le modifiche legislative necessarie, invece del ricorso a decreti legge, si dovrebbe istituire una Commissione parlamentare bicameralead hoc, che abbia la durata dell’attuazione del PNRR, con il compito di predisporre i testi con il contributo tecnico delle task force amministrative che presiedono ai progetti. I relativi disegni di legge dovrebbero avere una assoluta corsia preferenziale.
PROGETTI DI INTERVENTO SULL’ASSETTO DEL SISTEMA AMMINISTRATIVO
Rafforzamento di Province, Città metropolitane e Comuni capoluogo di provincia, per un totale di 200 centri di riferimento per le amministrazioni pubbliche operanti a dimensione locale per lo svolgimento di servizi altamente qualificati (attività di Stazione appaltante qualificata, di supporto alla elaborazione di progetti per il finanziamento europeo, di supporto per i processi di digitalizzazione delle amministrazioni).
1.1 – Attualmente vi sono 86 Province e 14 Città metropolitane, più altrettanti (100) Comuni capoluogo. L’investimento sulle capacità tecniche e operative di queste amministrazioni, chiamate ad erogare servizi tecnici altamente qualificati a favore delle amministrazioni operanti in sede locale (comuni, istituzioni scolastiche, enti pubblici e enti di diritto privato in controllo pubblico) si rivela strategico per il buon funzionamento dell’intero sistema delle amministrazioni pubbliche.
1.2 – Si propone di reclutare e formare, con costi a valere sul PNRR, una media 20 tecnici qualificati, assegnati a ciascuno dei 200 centri (per un totale di 4.000 funzionari), in rapporto alle loro esigenze e ai servizi attivati, con retribuzioni sostenute dal Fondo per tre anni. Decorsi i tre anni, i costi si dovrebbero sostenere sulla base delle entrate per i servizi resi (servizi di stazione appaltante, di progettazione, informatici, altri) dall’amministrazione a favore di altre amministrazioni (es. Comuni, università, istituzioni scolastiche, ordini professionali, società in house) operanti nel loro territorio.
1.3 – A titolo di esempio, si tratta di reclutare competenze non “giuridico-amministrative”, ma tali da consentire alle amministrazioni il pieno esercizio di funzioni ad alto contenuto tecnico: ingegneri civili, architetti, informatici, geologi, economisti dell’organizzazione e analisti di mercato, esperti di gestione di progetti a finanziamento pubblico-privato, esperti di audit e così via.
1.4 – Il reclutamento avviene con concorsi nazionali con procedure accelerate, con priorità per i candidati con titoli di studio elevati. Superata la prima selezione, i candidati sono immessi nelle amministrazioni per una prima formazione professionale sul campo, per un anno. Formazione della graduatoria finale e distribuzione definitiva dei vincitori alle amministrazioni. Il concorso nazionale previene i rischi di scarsa qualificazione professionale e di clientelismi locali.
1.5 – Prevedere un “premio”, consistente nell’assegnazione di ulteriori tecnici qualificati, fino ad un massimo di 10, per i centri risultanti dalla creazione, entro il termine di attuazione del PNRR, di un unico ufficio (ad esempio un’unica Stazione appaltante) con personale della Provincia/Città metropolitana da un lato e del Comune capoluogo dall’altro.
1.6 – Inquadrare il personale reclutato in una speciale fascia della carriera dei tecnici laureati (una categoria “D super”). Tutto il personale che svolge compiti di progettazione è destinatario di incentivi, fino ad un tetto massimo fissato per legge.
1.7 – Digitalizzare in forma accelerata le procedure di gara e gli strumenti per la progettazione di opere, acquisti e servizi di questi 200 centri. Per ulteriori dettagli vedere il punto 9.2.
2. Individuazione, tramite fusioni o forme associative robuste, di un numero ridotto di “amministrazioni forti” per lo svolgimento delle funzioni fondamentali dei Comuni.
2.1 – Attualmente 7.500 degli 8.000 Comuni italiani hanno una dimensione di popolazione inferiore ai 15.000 abitanti; 4.700 hanno una popolazione inferiore ai 3.000 abitanti. Queste dimensioni non assicurano un minimo di capacità operativa per lo svolgimento delle funzioni fondamentali affidate ai Comuni in applicazione del principio di sussidiarietà, la novità più significativa della riforma costituzionale del 2001 (art. 118 Cost.). Senza toccare le identità amministrative attuali (senza procedere a fusioni forzate), si tratta di promuovere la costituzione di “amministrazioni comunali forti” (sul modello francese) per una dimensione media non inferiore ai 20.000 abitanti.
2.2 – Al fine di incentivare processi di fusione o di costituzione di forme associative intercomunali, con attribuzione prioritaria di risorse finanziarie, di personale e informatiche ad “amministrazioni comunali forti”, il PNRR dovrebbe finanziare la costituzione di apposite task force: una a livello nazionale, per la definizione degli obiettivi di breve e medio termine (dimensione territoriale e di popolazione da raggiungere, funzioni fondamentali da svolgere) e per il monitoraggio complessivo. Una per ciascuna Regione per l’individuazione, il più possibile condivisa con i Comuni interessati, degli ambiti territoriali e per l’attivazione di politiche di assistenza dei Comuni nei processi di costruzione effettiva delle nuove amministrazioni comunali forti, con la possibilità di finanziare, sempre con fondi PNRR da utilizzare entro il 2026, i migliori e più innovativi progetti di costituzione delle nuove amministrazioni. Le task force, una volta costituite con i fondi del PNRR, alla scadenza del Piano proseguono la loro attività con fondi ordinari.
3. Accelerazione del processo di riduzione drastica del numero degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle amministrazioni territoriali.
3.1 – Il d.lgs. 175 del 2016 pone il giusto obiettivo della revisione delle attuali partecipazioni delle amministrazioni pubbliche in società di capitali, al fine di ridurre in modo drastico il numero di soggetti oggi operanti anche perché la gran parte di queste società ha strutture organizzative ridottissime, se non inesistenti. Si tratta di porre l’obiettivo della riduzione, entro il termine di validità del PNRR, a non più di 3.000 degli attuali 8.000 enti; eliminare i soggetti che abbiano strutture organizzative troppo esili (ad esempio abbiano meno di 20 dipendenti).
3.2 – Per l’effettiva semplificazione del sistema si dovrebbe comprendere nell’obiettivo di riduzione anche gli enti costituiti o partecipati da pubbliche amministrazioni nella forma di fondazioni e associazioni.
3.3 – Poiché il modello di enforcement di questa politica si è rivelato molto debole, si potrebbe, con i fondi del PNRR, costituire una task force nazionale (dando maggiori risorse e poteri al MEF) e task force regionali per la rapida revisione della situazione degli enti. La task force nazionale dovrebbe avere il potere di respingere i progetti di riorganizzazione presentati dagli enti territoriali giudicati insufficienti, dare un tempo ristretto per la loro modifica e, in caso di inerzia, proporre all’autorità politica (nazionale e o regionale) competente la soppressione dell’ente dichiarato inutile.
PROGETTI DI INTERVENTO SULL’ORGANIZZAZIONE DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE
4. Piano di reclutamento di almeno 5.000 funzionari ad elevata competenza tecnica in un triennio.
4.1 – Oltre ai 4.000 tecnici reclutati prioritariamente per i 200 centri di cui al punto 1, reclutare, con selezioni nazionali rapide svolte a livello provinciale, altri 5.000 tecnici, con le competenze qualificate esemplificativamente indicate al punto 1.3., da formare, assegnare alle amministrazioni e retribuire per i primi tre anni a carico del Fondo.
4.2 – Concorsi con procedure accelerate, con priorità per i candidati con titoli di studio elevati. Immissione nelle amministrazioni, per un anno, per apprendistato e formazione professionale sul campo. Formazione della graduatoria finale e distribuzione definitiva dei vincitori alle amministrazioni (come al punto 1.2.).
4.3 – Il concorso nazionale si conclude con la creazione di graduatoria specifiche per le diverse professionalità, comprendenti un numero di candidati non inferiore a 6.000 (complessivamente per diverse professionalità), cui le amministrazioni potranno attingere per il reclutamento, sempre a tempo indeterminato. In tal modo, oltre a garantire la qualità nazionale, si evita la creazione di nuovo precariato.
4.4 – Task force nazionale e task force provinciali per la gestione del progetto, con poteri di assegnazione definitiva.
4.5 – Al fine di chiarire l’utilizzo mirato di queste competenze, si dovrà istituire una distinta carriera, non dirigenziale, ma retribuita in modo analogo (sul modello della “dirigenza” medica), da utilizzare in strutture interne all’amministrazione per la copertura delle esigenze tecniche degli uffici (ma anche di altre amministrazioni). Il tecnico qualificato deve avere una retribuzione competitiva, ma non per questo deve avere incarichi dirigenziali.
5. Digitalizzazione. Rendere disponibili gratuitamente alle amministrazioni piattaforme informatiche e software interoperabili e sicuri.
5.1 – Acquistare piattaforme, o in alternativa commissionare con contratti pubblici la predisposizione di piattaforme informatiche e di software, utili per la gestione dei documenti e dei procedimenti amministrativi, per la gestione dei servizi digitali e per la raccolta, la conservazione e l’analisi statistica e algoritmica dei dati. Le piattaforme e i software devono essere acquistati e commissionati sulla base degli standard linguistici e tecnici comuni di cui al punto 6.1. Le piattaforme e i software commissionati sono di proprietà pubblica.
5.2 – Distribuire gratuitamente le piattaforme alle amministrazioni, con priorità ai 200 centri di riferimento di cui al punto 1.
6. Digitalizzazione. Rendere compatibili e interoperabili i linguaggi operativi utilizzati dalle amministrazioni.
6.1 – Definire standard comuni a tutte le amministrazioni relativamente ai linguaggi operativi e alle caratteristiche tecniche minime che le piattaforme informatiche, i software e gli strumenti di analisi dei dati pubblici o utilizzati dalle amministrazioni pubbliche devono possedere. Gli standard comuni devono: a) tenere conto della specificità delle funzioni e delle attività amministrative in cui verranno utilizzate; b) tenere conto della complessità dei livelli organizzativi delle amministrazioni pubbliche in cui saranno utilizzate e dei layer tecnici degli strumenti informatici; c) tenere conto delle migliori esperienze emerse nel sistema amministrativo.
6.2 – Per garantirne la rapidità e la condivisione con tutti i livelli di governo, la definizione degli standard comuni deve essere affidata ad un unico soggetto pubblico (anche al soggetto di cui al punto 7.1.), con il potere di coordinare le amministrazioni al fine di raggiungere un accordo vincolante sugli standard comuni e di vigilare sulla loro attuazione. In alternativa la definizione degli standard comuni può essere affidata ad una delibera vincolante della Conferenza Unificata, coordinata dal Dipartimento per la transizione digitale.
7. Unificazione massima delle banche dati aventi il medesimo oggetto.
7.1 – Attribuire ad unico soggetto pubblico (il Ministro per la transizione digitale, ad esempio) il potere di coordinare le banche dati nazionali esistenti, con potere di sopprimere quelle ridondanti, individuando un solo ente pubblico nazionale (un Ministero, un ente, un’AAI) per la gestione unificata di ciascuna delle banca dati confermate, che sia anche garante degli interessi conoscitivi di tutte le amministrazioni coinvolte.
7.2 – Costituire presso il soggetto di cui al punto 7.1., con i fondi del PNRR, una task force, nella forma di un ufficio interistituzionale temporaneo, con il compito di predisporre gli elementi conoscitivi utili per la individuazione delle banche dati nazionali da confermare e razionalizzare.
7.3 – L’amministrazione titolare della banca dati coordina l’intero processo di acquisizione ed elaborazione dei dati e l’accesso dei cittadini e delle imprese alle informazioni detenute dalla banca dati. Le amministrazioni che forniscono i dati hanno immediato accesso ai dati e alle loro elaborazioni, anche per dati relativi ad altre amministrazioni.
8. Rafforzare le capacità conoscitive delle amministrazioni pubbliche.
8.1 – Rafforzare la conoscenza, la raccolta e l’elaborazione di dati sulla realtà da governare attraverso gli strumenti avanzati di statistica e di analisi algoritmica (data analytics), incrementando il numero di basi di dati di interesse nazionale e rafforzando gli strumenti di analisi algoritmica all’interno delle piattaforme esistenti, come la Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND).
8.2 – Rafforzare la conoscenza, la raccolta e l’elaborazione dei dati sulle condizioni operative delle amministrazioni pubbliche. In particolare si potrebbe finanziare con i fondi PNRR la costituzione, presso l’ISTAT, di un “Osservatorio”, nella forma di un ufficio interistituzionale temporaneo, con il compito dapprima di coordinare le fonti di conoscenza esistenti sul sistema amministrativo, individuando altri oggetti di informazione oggi non coperti e razionalizzando il sistema di trasmissione dei dati in conformità al principio dell’ “unico invio”, nella prospettiva di giungere alla costruzione di una banca dati ad hoc (una “Banca Dati Nazionale sulle Amministrazioni Pubbliche” (BNAP)), nella quale sarà possibile raccogliere, conservare, aggiornare tempestivamente ed elaborare i dati sull’organizzazione, sul personale, sui singoli settori amministrativi, sulle funzioni amministrative e sulle varie tipologie di enti pubblici.
8.3 – Promuovere la costituzione, presso tutte le amministrazioni pubbliche e gli enti privati del settore pubblico, di un ufficio unico dedicato ai sistemi informativi, alla statistica e alla data analysis capace di utilizzare al meglio gli strumenti di raccolta e analisi dei dati e svolgere le funzioni di cui al punto 8. Una parte delle assunzioni di cui al punto 1 e al punto 4 sono riservate a figure professionali capaci di elaborare ed interpretare i dati nei processi decisionali da destinare a queste funzioni.
9. Rafforzare la trasparenza delle amministrazioni.
9.1 – Attribuire ad un’unica autorità indipendente (oggi l’ANAC, domani anche una unica Autorità per le informazioni pubbliche) i poteri di disclosure per l’accesso FOIA e di vigilanza sull’attuazione degli obblighi di pubblicazione.
9.2 – Digitalizzare con priorità assoluta tutte le procedure di programmazione, progettazione, affidamento, verifica dell’esecuzione e collaudo dei contratti pubblici, a fini di tracciabilità, controllo e trasparenza. Le necessità è quella di attuare velocemente le disposizioni presenti nel Codice dei contratti, come segnalato nel documento dell’Autorità nazionale anticorruzione del 27 Maggio 2020, in particolare il Piano nazionale in tema di procedure telematiche di acquisto (ex art. 212, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 50/2016), e di integrare le norme sulla digitalizzazione della fase esecutiva dei contratti pubblici.
9.3 – Razionalizzare la disciplina e le procedure organizzative di pubblicazione dei dati e delle informazioni pubbliche nel senso del potenziamento, sotto il profilo della rilevanza dei dati, documenti e informazioni da rendere trasparenti per il cittadino, degli obblighi di pubblicazione, anche graduando la loro introduzione in rapporto all’effettiva digitalizzazione delle amministrazioni.
10. Rafforzare l’etica pubblica.
10.1 – Razionalizzare la disciplina sui conflitti di interesse, adottando soluzioni omogenee per tutti i funzionari pubblici (politici e professionali) e affidando la vigilanza all’ANAC.
10.2 – Rafforzare i doveri di comportamento dei funzionari pubblici, rafforzando la vigilanza ANAC sui Codici e sui comportamenti (in via consultiva).
10.3 – Rafforzare la responsabilità disciplinare, come strumento per dare rapida effettività ai doveri di comportamento, senza attendere l’esito dell’eventuale procedimento penale.
10.4 – Curare, in sede di reclutamento e di formazione continua, la “competenza etica” dei funzionari pubblici, cioè la conoscenza approfondita di tutti gli strumenti a disposizione delle amministrazioni al fine di garantire l’integrità e l’imparzialità, delle amministrazioni e dei loro funzionari.